La Biomeccanica applicata al ciclismo – intervista a Gianni Pederzolli
(per gentile concessione di www.ciclismo.it)
Gianni, cos’è la biomeccanica? Spesso se ne sente parlare, ma talvolta è difficile comprenderne bene il significato.
“La biomeccanica applicata al ciclismo è la scienza che studia il corridore e il suo mezzo con una visione di insieme, non come entità divise. Da questa considerazione parte tutta una serie di valutazioni volte a creare una perfetta sinergia tra i due, con lo scopo di ottenere risultati migliori e preservare in modo ottimale le condizioni psicofisiche dell’atleta.”
A livello pratico in cosa si traduce?
“Analizzare la conformazione fisica di ogni ciclista e predisporre per lui una bici adatta, nelle misure e nella geometria, in modo tale da prevenire tutte le patologie derivanti da un’errata posizione in sella. Molti problemi di natura osteoarticolare e muscolare alla schiena e agli arti, infatti, risultano alla fine derivare da una pedalata irregolare o da una bici di dimensioni non idonee al corridore. Le persone non sono uguali e persino ognuno di noi non è perfettamente simmetrico: le dismetrie corporee influenzano il modo di stare in bici e, di conseguenza, la pedalata. Una bicicletta non idonea può portare problemi fisici seri non solo a fine stagione, dopo molti chilometri percorsi, ma anche dopo poco tempo. ”
La biomeccanica, almeno qui in Italia, è considerata una scienza emergente, ma tu già la coltivi dai primi anni ‘90. Come mai una scelta all’epoca sicuramente controcorrente?
“Essendo sempre stato nel mondo del ciclismo, prima come corridore e poi come meccanico e costruttore, ho sempre sentito parlare di “aggiustamenti” di misura per andare più veloce, per non sentire male alla schiena, per non pedalare “troppo lungo o troppo corto” o “con la gamba troppo in tensione”. Chiedendomi quindi da cosa derivassero questi concetti, ho scoperto che all’estero già esistevano alcuni studi riguardanti la posizione corretta in bici ed i miglioramenti delle performance derivanti da essa. Affascinato da quel mondo tutto nuovo che mi si apriva davanti, ho iniziato a studiare e sperimentare ciò che già si sapeva. Poi, negli anni, ho formato un’equipe di esperti per andare oltre le conoscenze del tempo e diventare un pioniere del settore. Oggi mi avvalgo di consulenze di medici sportivi, preparatori atletici, osteopati, meccanici, tutti con decennali esperienze nel mondo del ciclismo.”
Hai fatto capire che spesso questo aspetto è tralasciato. Non ti sembra strano?
“In effetti non capisco come si possa trascurare un aspetto fondamentale del ciclismo: pedalare bene. Ci si preoccupa di comprare il componente all’ultimo grido che permette di risparmiare magari solo qualche grammo, di guadagnare pochi millesimi di secondo a cambio, ma non ci si preoccupa (e neanche si pensa!) di come si sta in sella e si pedala. Una bici fuori misura fa perdere, in termini di prestazioni, molto di più che non qualche centinaio di grammi in peso risparmiati. Questo vale a tutti i livelli, non solo tra i professionisti. Spesso ancora oggi ci si affida al consiglio di fantomatici esperti senza una reale formazione a riguardo, a parole dette dal ciclista amico. Consigli talvolta anche veritieri, ma che non possono sostituire una vera valutazione biomeccanica.”
Durante la tua vita professionale hai messo in sella moltissimi ciclisti. Parlaci un po’ della tua esperienza sul campo.
“Nel 1994 ho iniziato a studiare la biomeccanica e col tempo, grazie ad ingegneri ed informatici, ho tradotto le conoscenze acquisite in realtà, realizzando software di studio tramite video-analisi, ciclo simulatori elettronici automatizzati (che posizionano il ciclista correttamente in tempo reale), ciclo simulatori meccanici portatili, selle e manubri sensorizzati per studiare l’appoggio e la pedalata. Ho collaborato con diverse squadre (n.d.a. tra cui Liquigas, Cannondale, Androni-Venezuela, Barloworld, Sevetto-Footon, Chirio Forno d’Asolo, nazionale Russia pista) e con ditte del settore (n.d.a. Carrera, Viner, Fizik, Bicisupport, Olmo, Fondirest, Columbus-Gruppo spa, Progress, Musseuw). Molti corridori professionisti si rivolgono a me per consulenze a titolo personale, perché anche nel mondo professionistico non tutti ancora capiscono il valore della biomeccanica nella vittoria finale.”
Nel dettaglio, come svolgi tu un test di valutazione biomeccanica?
Innanzitutto procedo ad una valutazione posturale dell’atleta: acquisisco informazioni circa la mobilità articolare, la simmetria e la sincronia dei movimenti, per capire se sono presenti dismetrie che potrebbero tradursi in una pedalata errata. Durante questa fase si capisce anche se la forza è distribuita in maniera equilibrata tra gli arti di destra e di sinistra. Se qualcosa risulta anomala, alla fine della consulenza indirizzo il corridore verso lo specialista adatto a prendere in consegna il suo problema. Nel ciclismo moderno il lavoro d’equipe è fondamentale: invito a diffidare di chi pensa di sapere tutto e opera sempre e solo in solitario. Terminata questa fase, verifico elettronicamente quanto emerso dalla visita utilizzando sellino e manubrio strumentati, che mi dicono senza ombra di dubbio come il ciclista pedala: il baricentro di scarico del peso, la forza di pedalata bilaterale e così via. Poi, attraverso un test statico e uno dinamico, procedo a creare la bici sulle misure dell’atleta.
Due test differenti, quindi. Siamo curiosi di vederli più da vicino …
Nel test statico posiziono il ciclista su un simulatore meccanico e confronto manualmente le sue misure con comparatori standard, frutto di anni di ricerche su centinaia di corridori professionisti. Ciò mi fornisce già un quadro esplicito delle misure ideali e mi permette di passare alla valutazione dinamica, in cui il ciclista viene posizionato su ciclosimulatore elettronico (con le misure appena ottenute) e viene filmato mentre pedala. Dal filmato vengono estrapolati tre fotogrammi precisi: massima estensione (punto morto inferiore), massima flessione (punto morto superiore), posizione intermedia (pedivelle orizzontali). Grazie a dei marker applicati sugli snodi articolari, un apposito software confronta gli angoli rilevati con quelli ideali, effettua gli aggiustamenti sul ciclosimulatore in tempo reale e può anche progettare un telaio con le misure personalizzate. Questi miei test, uniti alle conoscenze universalmente riconosciute in fatto di posizione in sella, mi permettono di limitare il margine d’errore a valori trascurabili.
È necessario quindi avere un telaio su misura?
“No, ormai le case costruttrici di componentistica hanno a catalogo molte misure: non è difficile creare la propria bici usando ciò che il mercato offre. Il telaio su misura è una chicca, ma l’ebbrezza di pedalare su una replica ufficiale è altrettanto allettante. Di solito, se proprio non si sono fatti errori grossolani al momento dell’acquisto, è possibile adattare la bici che già si possiede con opportuni accorgimenti.”
Sappiamo però che non ti dedichi solo ai professionisti, ma curi con attenzione anche gli amatori e i semplici appassionati.
“Certo! La biomeccanica non riguarda solo i professionisti, ma tutti i ciclisti. Considera poi che molti amatori sono ex dilettanti o appassionati veri, che macinano migliaia di chilometri l’anno e decine di gare. Pedalare in maniera ottimale si riflette in modo decisivo sulle loro prestazioni. Che sia il Tour de France o una gara amatoriale, il profumo della vittoria ed il fascino della linea del traguardo è lo stesso. Nessuno vuole lasciare al caso la possibilità di primeggiare. Anzi, di solito tutti i corridori di altissimo livello pedalano discretamente bene, grazie alle loro conoscenze maturate sul campo ed ai consigli dei direttori sportivi e dei meccanici: il mio compito è trasformare quel “discretamente” in “ottimamente”. Un amatore, invece, spesso ha bisogno di essere seguito passo passo, mediante test specifici che facciano calzare perfettamente la bici su di lui, come un abito sartoriale. Il semplice appassionato delle uscite domenicali desidera comunque pedalare in sicurezza, senza rischi per la sua salute. Tutti possono giovare dei benefici della biomeccanica.”